In Sudan lungo il Nilo

La musica del silenzio sulle rive del Nilo

Non siamo granché entusiasti di essere a Khartoum e la città non pare offrire grandi attrattive.

In Sudan lungo il Nilo. Polvere e sabbia, strade sconnesse e poi un vento fastidioso che rende l’aria quasi irrespirabile e impedisce di tenere gli occhi aperti. Per fortuna che c’è il Nilo, anzi i suoi due rami, il Nilo Azzurro e il Nilo Bianco che qui confluiscono. Domani partiamo per il nord, alla scoperta dei villaggi nubiani.

Ma’assalàma. Arrivederci Khartoum.

Una volta in jeep per giorni seguiamo il grande fiume verso l’Egitto. Ci fermiamo quasi in ogni villaggio a fotografare le caratteristiche case in adobe imbiancate a calce e poi ridipinte ogni anno dopo il Ramadan. I colori spaziano dall’azzurro al rosso, al giallo, al verde con punte di originalità come lilla, marrone e nero, i colori che fanno tendenza quest’anno. Gli accostamenti sono vari e spesso piacevoli. I disegni semplici e a volte anche di buona mano.

I nubiani del Sudan sono sempre molto ospitali sulle rive del Nilo.

L’invito a prendere il tè è scontato ma molti offrono anche cibo e ospitalità. Non chiedono nulla. E’ una delle pochissime situazioni dove l’offerta è spontanea e genuina. Senza contropartite. I più divertenti sono i bambini. Ti si parano davanti l’obiettivo nella speranza di essere ripresi, ma non per chiedere la mancia, solo per il gusto di farlo. Tutti, grandi e piccini, salutano con allegria tanto che ti senti un papa benedicente a ogni villaggio.

E’ una bella razza.

Alti, eleganti nel portamento, avvolti nelle jallabiya bianche o scure, e con in capo la classica fascia avvolta a turbante oppure la tipica scodella islamica. Qui le occasioni di vedere uno straniero sono poche e tutti se lo contendono. Sono divertiti e incuriositi. Amano socializzare, soprattutto quelli che vivono isolati nei campi, ancora più soli. Le loro case sono aperte e ostentano bei portali dipinti, incastonati nei muri bianchi. All’interno sono i cortili, dove si svolge gran parte della vita quotidiana, con pozzi e a volte qualche pianta.
Appena lasciate le rive del Nilo, dove questi laboriosi contadini coltivano immense distese di fave, laddove l’acqua non arriva l’orizzonte è una continua distesa di sabbia, ciottoli e pietre.

In Sudan lungo il Nilo basta mezz’ora di fuoristrada e poi il nulla all’orizzonte.

E la sera, sotto un manto di stelle da planetarium, quando i rumori della cena sono sopiti e le chiacchiere chetate, un ronzio assordante assale all’improvviso. E’ il silenzio. Con tutta la sua forza e il suo impeto. Non ricordo di aver mai udito niente del genere in Sudan lungo il Nilo. Non è un silenzio fatto di nulla, al contrario, il sangue pulsa nelle vene, si sente il suo scorrere, il rumore che produce il suo attrito sulle pareti dei condotti. Non ricordo nemmeno di aver mai udito il sangue pulsare. E’ la musica del silenzio. Un vuoto virtuale pieno di mille sensazioni. Come l’universo sopra di me. Apparentemente vacuo ma in realtà affollato di infinite stelle, lune, galassie e chissà quanti esseri.

Strano provare il silenzio qui.

A pochi passi dai villaggi nubiani, popolati da miriadi di bimbi gioiosi, padri cordiali e ospitali e madri e sorelle tra le più aperte dell’universo islamico. Forse il silenzio unisce come il vuoto avvicina. Chiudo il taccuino, spengo la torcia e mi infilo nel sacco a pelo. Attraverso il sottile telo dell’igloo vedo la luna, quasi piena. Domani visiterò altre case, riceverò infiniti inviti a bere tè alla menta o a mangiare o anche solo a entrare per chiacchierare.

Il silenzio unisce.

Soprattutto dove lingua, razza e religione sono lontane. E poi anche Khartoum è lontana, oltre 500 chilometri. Quasi un anno luce.

Lonely Planet